top of page

Spirituale è politico pt.2

Con mia immensa gioia, il post sulla spiritualità politica ha sollevato tanto interesse, condivisioni e apprezzamento. Sentivo di non aver concluso il mio rant sul tema, quindi eccomi a commentare alcune delle cose che mi sono successe e che hanno stimolato la mia riflessione.


Una possibile obiezione alla (per me) necessaria politicizzazione degli spazi spirituali potrebbe essere questa: le questioni politiche possono essere dolorose, vogliamo dei luoghi dove esprimerci senza dover pensare a una cosa che è fonte di stress costante.

E io da un lato comprendo e non giudico la necessità di estraniarsi, trovare luoghi sacri e impermeabili per non dover costantemente avere a che fare con notizie o situazioni tragiche o devastanti (non pretendo né auspico l'eliminazione di certi spazi, ribadisco però che non è l'unica alternativa e che questi spazi non fanno per me); dall'altro però non accetto che le persone che creano spazi di pratica spirituale si rifiutino di interfacciarsi non solo col dolore e con le brutture del mondo ma anche con le loro cause intrinseche.

Purtroppo, nella mia esperienza, ho incontrato persone che praticavano varie forme di paganesimo e/o stregoneria alle quali mancava una fondamentale visione d'insieme e che deputavano le sofferenze dei singoli esclusivamente a loro e alla loro supposta attitudine o predisposizione negativa, e si rifiutavano di vedere i rapporti di forza che intercorrono nella nostra società e come questi limitano le esistenze di tuttx noi. Tuttx.

Oppure, persone che rimanevano arroccate nelle proprie posizioni speciste, sessiste e anti-ecologiche in nome della tradizione. Una tradizione che peraltro non esiste nemmeno e ce ne accorgeremmo subito se studiassimo le origini delle correnti che tendiamo a seguire nella pratica spirituale moderna.

Durante i rituali una delle pratiche più importanti è quella del radicamento. Ci serve a ricordarci che apparteniamo a un luogo e a uno spazio (non nel senso specifico di questo luogo e questo spazio, ma in senso generale che apparteniamo al mondo, alla terra), che il corpo non è solo un mezzo, un contenitore, ma è anch'esso spirituale e sacro.

Come può la pratica dimenticarsi di essere anch'essa radicata nel mondo? Come può ignorare i problemi del corpo? Quelli che viviamo e attraversiamo semplicemente esistendo?

In buona sostanza io credo che non abbia alcun senso avvicinarsi a una pratica che pare aprire la possibilità a un modo diverso di fare comunità per poi rischiare di ritrovare le stesse divisioni gerarchiche dalle quali siamo scappatx. Non dovremmo più essere dispostx a rinunciare al nostro posizionamento politico in nome del "rispetto reciproco", perché questa è la bandiera dietro cui si nascondevano alcune delle persone che ho citato più su. Non dovremmo temere di criticare l'esistente per paura di disturbare un equilibrio sapientemente costruito, fragile perché fallace, che si nutre di una paura che andrebbe piuttosto sviscerata e affrontata.

Gli spazi spirituali, per come li immagino io, dovrebbero essere luoghi sicuri in cui costruire da un lato - reti, sorellanze, forme di lotta, occasioni di celebrazione - e decostruire dall'altra - pregiudizi, condizionamenti sociali, forme di oppressione.


Celebrare insieme in onore della Luna Piena può essere splendido, potente, liberatorio ma non me ne faccio nulla del rituale se non posso riflettere attivamente con lx mix compagnx su ciò che quel rituale e i suoi simboli rappresentano. A volte ho bisogno di restare sola a meditare su ciò che quel rituale mi ha dato, ma molte altre volte ho bisogno di parlare con lx altrx di quello che possiamo fare con la forza che ci siamo scambiate, di come ci fa sentire, di dove può portarci.

Comments


bottom of page