Questo testo parte da esigenze personali, è frutto di ricerche individuali e soggettive intrecciate con esperienze di tutt'altro genere come la militanza, la psicoterapia e la pratica spirituale. Quando si ha a che fare con la religione e la spiritualità il rischio è di trovarsi di fronte a tentativi di proselitismo o conversione forzata, ma per quanto mi riguarda il mio solo interesse è trovare uno spazio per me e tutte le persone che condividono le mie riflessioni all'interno della cornice transfemminista. Parlare di spiritualità politica significa, per me, aggiungere un mattone alla grande casa che credo sia il transfemminismo, per renderla ancor più accogliente e plurale.
Il 13 agosto 2023 alle elezioni primarie dell'Argentina ha trionfato l'estrema destra ultra-liberista con un'affluenza tra le più basse nella storia del paese. Il 14 agosto la Red de Brujas Feministas (in italiano Rete di Streghe Femministe) ha commentato l'esito elettorale condividendo un comunicato in cui ribadisce il proprio posizionamento politico e spirituale insieme, aprendo il testo proprio con l'affermazione "Lo espiritual es político".
L'interconnesione tra lotta e spiritualità non è un'invenzione moderna né frutto di tendenze new age (che peraltro sono state sin dal principio caratterizzate da una completa assenza di prospettiva politica). La spiritualità è sempre stata luogo di resistenza e l'idea che le pratiche spirituali servano solo all'individuo per dare senso alla propria esistenza e trovare conforto di fronte alla morte è un'illusione.
Il movimento femminista è un movimento magico e spirituale, oltre a essere politico. È spirituale perché è indirizzato alla liberazione dello spirito umano, alla guarigione dalla frammentazione, al diventare completi. È magico perché cambia la coscienza, espande la consapevolezza e ci dona nuova visione.
"La Danza della Dea", Starhawk, p. 367, Armenia 2020
La forza trasformativa più potente di questo secolo è quella rappresentata dal movimento transfemminista nella sua manifestazione più radicale e agguerrita, quella che non dimentica nessuna lotta - dall'antirazzismo, all'antispecismo, all'anticapitalismo, e non solo. È un movimento di liberazione globale che non lascia indietro nessunx.
Per gran parte della mia vita ho militato in ambienti in cui c'era sempre troppo poco spazio per la cura, in cui ci si muoveva in modalità emergenziale inseguendo piccoli fuochi, noi tuttx incapaci di creare una reale rete di supporto che affiancasse la rete di lotta. La militanza attiva ha fatto parte della mia quotidianità per moltissimo tempo, ma spesso prendere parte alla lotta ha significato demandare la mia salute psicofisica ad altri luoghi e momenti. Finché il concetto di cura non è entrato prepotentemente negli spazi politici che frequentavo non c'era modo di affrontare e socializzare il malessere che non sapevo di condividere con lx miex compagnx. Non è stato sufficiente neanche parlare della necessità di cambiare modalità e metodi, l'attenzione era sempre rivolta verso l'esterno piuttosto che all'interno delle nostre assemblee, degli spazi che attraversavamo, delle relazioni che intrattenevamo lx unx con lx altrx. Le conseguenze dell'assenza di momenti di autocoscienza e autocritica sono stati disastrosi: collettivi implosi, molestie tra compagnx, una totale mancanza di fiducia reciproca.
Ho brevemente rivolto la mia attenzione verso luoghi molto diversi in cui, al contrario, il focus era rivolto all'interiorità. Incontri di donne e soggettività non maschie, stanchx di restare ai margini del discorso, ansiosx di mettere al centro della narrazione i nostri bisogni più intimi ma ugualmente incapaci di fare un passo che ci portasse oltre la mera condivisione dei problemi immediati e imminenti, spazi in cui il transfemminismo aleggiava senza essere nominato, quando non esplicitamente osteggiato e preferibilmente declassato al rango di "preferenza personale". Luoghi in cui praticare una spiritualità attiva, pratica e reale, ma entro limiti rigidi e gerarchizzati.
In poche parole militavo in spazi in cui non mi sentivo abbastanza libera e a mio agio per parlare di come vivevo la lotta, di cosa essa muoveva dentro di me e di come avremmo potuto prenderci cura lx unx dellx altrx e, al contempo, partecipavo a rituali e cerchi in cui non c'era l'occasione o l'interesse per politicizzare la pratica o per affrontare dal punto di vista politico i rapporti di forza e di potere che creavano l'esigenza stessa, per me, di partecipare a quegli incontri.
Una delle intuizioni più chiare del femminismo è che le nostre lotte non sono solo individuali, e i nostri dolori non sono dolori personali bensì sono creati dal modo in cui la società tratta le donne come classe. Il sessismo, il razzismo, la povertà e il caso modellano la vita delle persone, e non sono creati dalle vittime. Se la spiritualità deve veramente aiutare le persone, deve accentuare il fatto che siamo tutti responsabili l'uno per l'altro.
"La Danza della Dea," Starhawk, p. 364, Armenia 2020
Nel 2019 la collettiva messicana WITCH CDMX ha convocato un rituale di cura ("sanación") chiamato "Aquelarre de Luna Oscura" (in italiano: "Congrega della Luna Oscura") per "cuidarse y sanar de manera colectiva el dolor y la angustia generada por los feminicidios, desapariciones y demás violaciones contra el 51.4 % de la población" (in italiano: "curare collettivamente il dolore e l’angoscia generati da femminicidi, sparizioni e altri abusi contro il 51,4% della popolazione").
In questi giorni non faccio che pensare allo stupro di gruppo avvenuto a Palermo. Vedo le facce degli stupratori, vedo i loro nomi, leggo i messaggi violenti che si sono scambiati, leggo le loro parole e quelle di altri uomini che li scusano o che si giustificano, si difendono, mettono le mani avanti dicendo che loro una cosa simile non la farebbero mai. Poi vedo le nostre, di facce, leggo le nostre parole, sento forte la nostra rabbia, la ferocia che si trasforma presto o tardi in angoscia, paura, tristezza, rassegnazione, eppure restiamo sole nel dolore.
Voglio vendicarmi. Sì, non voglio solo giustizia, non solo quella dei padroni almeno. Voglio bruciare quello che incontro e che mi fa male. Voglio dare voce a questa rabbia. Ma a volte sono troppo debole, a volte sono troppo ferita e devo occuparmi della mia salute prima di passare all'attacco. Oppure, forse, a volte non voglio proprio contrattaccare, perché ho paura, vergogna, perché non posso permettermelo o semplicemente non voglio. Vorrei circondarmi di sorelle (e sorellx) che possano aiutarmi, che possano prendersi cura di me e con me, e io di loro e con loro, che possano essere la mia voce quando io non riesco ad aprir bocca. Vorrei avere una rete di supporto insieme a quella di lotta. Vorrei condividere il mio potere personale, trasformativo, spirituale, focoso e gioioso. Voglio alzare le mani al cielo e raccogliere le forze, incanalarle e poi poggiarle a terra e restituire quella magia nel corpo e nel mondo.
Il principio della militanza gioiosa richiede che il nostro modo di fare politica sia liberatorio, in grado cioè di cambiare la nostra vita in modo positivo, di farci crescere, di darci gioia, se così non è c'è qualcosa di sbagliato.
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