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Faccio magie

Sono cresciuta imparando che è vero solo ciò che posso vedere e quantificare. L'iper-razionalismo è stato la mia bussola per percorrere un tracciato che potesse mantenersi sempre lineare e senza sbavature. Ho avuto la sensazione per tanto tempo di stare camminando su un filo sospeso nel vuoto, col terrore di cadere e farmi male o peggio, di sbagliare e umiliarmi di fronte al mondo. In quel vuoto apparente si celavano molte cose: le emozioni che ho represso, i piaceri che ho rifiutato, le sensazioni per cui non si trovano parole. Ho toccato quel vuoto quando ero molto piccola, mi è piaciuto e sono stata ridiretta verso altri interessi, non con cattiveria né violenza. Semplicemente nel contesto che vivevo non c'era spazio per altro se non ciò che poteva essere utile, finalizzato a un futuro promettente. Spendibile.

Mentre crescevo lo spazio tra quel filo che stavo percorrendo e l'apparente vuoto sottostante si è improvvisamente ridotto. Ho potuto vedere che non c'era niente di temibile, anzi, tutto il contrario. Sono caduta, anzi mi sono buttata, e ho recuperato tutti quei saperi "inutili" conservando però quello spirito razionalista dal quale ormai non mi potevo dissociare, e che adesso riesco forse a riconoscere ma che non potrò mai decostruire del tutto. Ho iniziato a leggere, studiare, cercare il senso finale, una spiegazione che potesse soddisfarmi, farmi dire "Ecco, finalmente ho capito". Non l'ho trovata e non la troverò mai. Non capirò mai perché quando giro le carte di una stesa quelle si compongono perfettamente per descrivere una situazione che l* consultante riconosce come profondamente sua. Possiamo dare molti nomi a questa follia. Autosuggestione? Inconscio collettivo? Stregoneria? Tutte queste cose possono essere contemporaneamente vere, se vogliamo crederci, ma nessuna di loro fornirà la risposta definitiva. Vale lo stesso per tutti gli altri saperi perduti e che stiamo lentamente recuperando, tacciati di inutilità, considerati futili, spesso anche sfruttati per scopi lucrativi facendo leva sul bisogno di risposte che ci accomuna tutt* e che in qualche caso ci rende troppo vulnerabili (la vulnerabilità è un valore, i colpevoli sono coloro che se ne approfittano).

Quando leggiamo la storia raccontata da un libro ci mettiamo in quella condizione chiamata "sospensione dell'incredulità" che ci permette di godere di quell'opera senza farci troppe domande sul senso che possa avere. Smettere di pretendere che quello che facciamo attraverso i tarocchi, la lettura degli astri, le celebrazioni della Ruota dell'Anno abbia un fine può permetterci di goderne con più leggerezza, con più gioia? E se il fine ultimo in ciò che facciamo dev'esserci (perché magari non riusciamo ad accettare che non ci sia) può forse essere rappresentato dalla loro inutilità? Leggo i tarocchi perché mi diverte, perché mi nutre, perché è un bel gioco, perché voglio aiutare qualcun altr*, perché mi fa svagare. Leggo i tarocchi e faccio magie perché sono una piccola finestra sulla realtà possibile e invisibile, che potrà essere e forse non sarà mai, che non posso afferrare ma solo sentire. Faccio magie come atto di resistenza a una società che mi ha voluta rigida, controllata e misurata. Faccio magie perché la magia è libera, incomprensibile, inutile e così voglio essere io.

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